Da sempre la religione è stata usata per giustificare i crimini più atroci. Nella storia c’è una lunga scia di sangue e di violenza a cui tutte le religioni hanno dato il loro contributo, giustificando ogni ignominia in nome del loro dio.
Oggi per terrorismo religioso si intende
soprattutto il terrorismo islamico, con il rischio di includere in una
generalizzata condanna l’islam moderato, che per fortuna è la assoluta maggioranza,
ma anche quell’islam che, pur essendo fondamentalista nel credo, non mira allo
scontro violento o all’imposizione del proprio credo.
Le azioni di quell’esercito
criminale chiamato IS vanno oltre lo stesso terrorismo. Si tratta di pura
macelleria perpetrata non contro un esercito, ma contro donne, bambini,
giornalisti, cooperanti. Le immagini che vengono diffuse sono di un’atrocità
tale da farne quasi sospettare l’autenticità.
Come combattere un nemico del
genere con il quale non può esserci nessun dialogo e nessuna trattativa? Tra le
tante risposte possibili, c’è quella economica. Così come è avvenuto per la
lotta alla mafia, o al terrorismo, è necessario capire chi finanzia il
Califfato, da dove arrivano i flussi finanziari che permettono loro di
acquistare armi e fare nuovi adepti, e soprattutto a chi è venduto il petrolio
di cui sono in possesso. Cosa quest’ultima non difficile da tracciare, visto
che o si tratta di oleodotti o di autocisterne.
Si parla sempre più spesso del Qatar, ma anche di alcuni paesi dell’ex blocco
sovietico, che avrebbero fornito gli armamenti. Tra questi anche paesi che
fanno parte dell’Unione europea, secondo alcune fonti giornalistiche,
ovviamente da verificare.
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