giovedì 13 novembre 2014

Ricordo vittime della strage di Nassiriya


Signora Presidente, Massimiliano Bruno, Giuseppe Coletta, Giovanni Cavallaro, Andrea Filippa, Enzo Fregosi, Daniele Ghione, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Horacio Majorana, Filippo Merlino, Alfio Ragazzi, Alfonso Trincone. E, ancora, Alessandro Carrisi, Emanuele Ferraro, Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Pietro Petrucci. Diciassette giovani uomini, diciassette militari. Insieme a loro due civili italiani, un cooperante internazionale, Marco Beci, ed il regista Stefano Rolla, che si trovava lì per girare un documentario e la cui compagna, è bene ricordarlo, non fu ammessa ai funerali di Stato perché erano solo una coppia di fatto. Noi serbiamo il ricordo di tutti e di tutto, anche di questa ingiusta esclusione. 
  La strage di Nassiriya è la più grave subita dall'esercito italiano dopo la Seconda guerra mondiale, la prima di una scia che ha portato alla morte 84 militari negli ultimi dieci anni di missioni internazionali. Ma, è bene ricordarlo, Antica Babilonia non era una guerra, ma una missione di peace keeping autorizzata dalle Nazioni Unite con la risoluzione n. 1483 del maggio 2003, una risoluzione che invitava tutti gli Stati a contribuire alla rinascita dell'Iraq, così come non era una guerra la nostra presenza in Afghanistan, che dal 2004 ha visto morire 53 militari. 
  Erano lì impegnati per creare le condizioni di sicurezza, affinché quei Paesi potessero riprendere un cammino democratico. Hanno costruito scuole, ospedali, strutture civili a vantaggio della popolazione. Ci hanno chiesto di restare e hanno portato avanti opere di ricostruzione, di lotta alla povertà e alla discriminazione anche contro le donne, di cura della sanità e dell'educazione. 
  Non sono state, come molti hanno detto, missioni inutili. Affermarlo vorrebbe dire banalizzare le loro morti. Oggi le ricordiamo tutti, lasciando da parte, per un giorno, le polemiche e li ricordiamo assieme alle vittime delle altri missioni, Somalia, Ruanda, Kosovo, Bosnia. 
Li ricordiamo tutti e siamo a loro molto grati 

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