Grazie signora Presidente, inizio l'illustrazione della nostra mozione affermando che è interesse primario della politica estera italiana ed europea contribuire a comporre il conflitto israelo-palestinese con una pace giusta e durevole. D'altro canto, a proposito di Europa, il Parlamento europeo ha votato nel dicembre scorso una risoluzione che sostiene l'opportunità di un pieno riconoscimento della Palestina nei confini che gli sarebbero internazionalmente riconosciuti.
Non intendo ripercorrere le tappe di questo doloroso conflitto ed elencare tutte le risoluzioni ONU, la cui mancata attuazione ha alimentato scontri e tensioni. Ricordo solo che queste risoluzioni hanno sempre indicato una precisa distinzione tra territori di pertinenza dello Stato di Israele e territori di pertinenza di uno Stato palestinese indipendente, a fianco e in pace, di quello israeliano.
Non intendo ripercorrere le tappe di questo doloroso conflitto ed elencare tutte le risoluzioni ONU, la cui mancata attuazione ha alimentato scontri e tensioni. Ricordo solo che queste risoluzioni hanno sempre indicato una precisa distinzione tra territori di pertinenza dello Stato di Israele e territori di pertinenza di uno Stato palestinese indipendente, a fianco e in pace, di quello israeliano.
Riassumendo le tappe più importanti, possiamo dire che da quarant'anni si assiste alla progressiva costruzione di un soggetto statale palestinese. Una tappa importantissima furono i negoziati dei primi anni Novanta che portarono agli accordi di Oslo del 1993, sottoscritti dal Primo Ministro israeliano Rabin e dal Presidente palestinese Arafat, che posero le fondamenta per il reciproco riconoscimento tra Israele e Palestina. A partire dall'assassinio di Yitzhak Rabin, nel novembre 1995, il ciclo di violenza si è ulteriormente esacerbato e gli insediamenti israeliani, specialmente attorno a Gerusalemme, continuano ad espandersi, rendendo nei fatti difficilmente praticabile la stessa esistenza dello Stato palestinese. Al tempo stesso, la presenza nel territorio di Gaza di un'amministrazione de facto del movimento Hamas ha costituito un elemento ulteriore di destabilizzazione, così come quelle reazioni israeliane che si sono configurate come un uso eccessivo del diritto di autodifesa, diritto chiaramente legittimo.
Oggi, il negoziato tra Israele e Palestina è bloccato. Ed è per questo che si fatta largo, nella comunità diplomatica internazionale, la convinzione che occorresse per lo meno garantire alla parte
palestinese la pari dignità sul piano giuridico e diplomatico. La risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 67/19 del 2012, approvata anche con il voto favorevole dell'Italia, a favore dello status di
Stato osservatore non-membro, con la definizione di «Palestina» e successivamente l'uso del nome di «Stato di Palestina», è stata un primo passo in questo senso, a cui è seguito, il 7 gennaio scorso, l'annuncio del Segretario Generale Ban Ki-moon che dal 1o aprile 2015 la Palestina potrà accedere al tribunale penale internazionale.
Intanto, anche in altri Paesi europei ci si è mossi di conseguenza: la Svezia ha riconosciuto nei mesi scorsi la Palestina in quanto Stato, andando così ad aggiungersi ad altri otto Paesi UE. Hanno preso posizione nella stessa direzione i parlamenti di Francia, Spagna, Irlanda, Regno Unito. L'Italia non può essere assente. Tanto più che già oggi la Palestina ha in Roma una rappresentanza diplomatica riconosciuta, così come l'Italia ha un consolato per la Palestina a Gerusalemme est.
Perché riteniamo che l'Italia debba unirsi a questo ampio movimento diplomatico internazionale ? In primis noi socialisti riteniamo che sia importante sostenere la leadership legittima del Presidente Abbas e delle istituzioni palestinesi, scongiurando il rischio di un rafforzamento di altre entità politiche che pretendono di rappresentare i palestinesi. Nello spirito della Carta dell'ONU, appare ormai indubbio che esista un popolo palestinese storicamente definito e un diritto di autodeterminazione da riconoscere, mentre sempre negoziabili dovranno essere i suoi confini e le altre condizioni, pur nel quadro delle risoluzioni ONU.
La posizione dell'attuale governo israeliano che un pieno riconoscimento legale dello Stato di Palestina sia un atto unilaterale di interferenza non ci appare convincente, perché prefigura un diritto di veto non su interessi legittimi di Israele, ma sulla natura dello Stato di Palestina «per se». Ma, soprattutto, al contrario di quanto afferma l'attuale Ministro israeliano, noi riteniamo invece che il riconoscimento aiuterà a far avanzare il processo di pace.
E mi permetto di dire a coloro che ritengono di condizionare il riconoscimento dello Stato di Palestina alla ripresa dei negoziati, che la ripresa dei negoziati non è, lo sottolineo, non è nelle sole mani del Presidente Abbas, e quindi porre tale condizione è, come posso dire, quasi paradossale. Anche molti esponenti autorevoli della società civile israeliana, come quelli che hanno firmato un appello in questo senso, la pensano come noi e sono scrittori, diplomatici, uomini e donne di prestigio ed esponenti politici israeliani non minori.
A questo proposito mi permetto di invitare all'incontro che abbiamo organizzato, come gruppo PSI- PLI, mercoledì prossimo alle 12 nella sala del mappamondo, dove interverranno due esponenti israeliani e due esponenti palestinesi a parlare di questo tema. Mi avvio a concludere.
Chiudo dicendo che riconoscere una pari dignità tra le due parti negoziali è, a nostro avviso, precondizione oggi alla ripartenza del negoziato, perché sostiene il potere legale delGoverno palestinese legittimo e contribuisce a spingere entrambe le parti verso la strada del negoziato. È poi anche interesse dell'Italia, che deve avere un proprio punto di vista ed una propria agenda nel Mediterraneo.
Per queste ragioni, con la nostra mozione, sottoscritta anche da colleghi e colleghe di SEL, del PD, del Centro Democratico e del gruppo Misto, chiediamo al Governo di riconoscere in maniera completa e definitiva lo Stato di Palestina e di compiere tutti i passi necessari e possibili affinché la questione venga posta all'ordine del giorno in tutti i Paesi membri dell'Unione europea.
Oggi, il negoziato tra Israele e Palestina è bloccato. Ed è per questo che si fatta largo, nella comunità diplomatica internazionale, la convinzione che occorresse per lo meno garantire alla parte
palestinese la pari dignità sul piano giuridico e diplomatico. La risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 67/19 del 2012, approvata anche con il voto favorevole dell'Italia, a favore dello status di
Stato osservatore non-membro, con la definizione di «Palestina» e successivamente l'uso del nome di «Stato di Palestina», è stata un primo passo in questo senso, a cui è seguito, il 7 gennaio scorso, l'annuncio del Segretario Generale Ban Ki-moon che dal 1o aprile 2015 la Palestina potrà accedere al tribunale penale internazionale.
Intanto, anche in altri Paesi europei ci si è mossi di conseguenza: la Svezia ha riconosciuto nei mesi scorsi la Palestina in quanto Stato, andando così ad aggiungersi ad altri otto Paesi UE. Hanno preso posizione nella stessa direzione i parlamenti di Francia, Spagna, Irlanda, Regno Unito. L'Italia non può essere assente. Tanto più che già oggi la Palestina ha in Roma una rappresentanza diplomatica riconosciuta, così come l'Italia ha un consolato per la Palestina a Gerusalemme est.
Perché riteniamo che l'Italia debba unirsi a questo ampio movimento diplomatico internazionale ? In primis noi socialisti riteniamo che sia importante sostenere la leadership legittima del Presidente Abbas e delle istituzioni palestinesi, scongiurando il rischio di un rafforzamento di altre entità politiche che pretendono di rappresentare i palestinesi. Nello spirito della Carta dell'ONU, appare ormai indubbio che esista un popolo palestinese storicamente definito e un diritto di autodeterminazione da riconoscere, mentre sempre negoziabili dovranno essere i suoi confini e le altre condizioni, pur nel quadro delle risoluzioni ONU.
La posizione dell'attuale governo israeliano che un pieno riconoscimento legale dello Stato di Palestina sia un atto unilaterale di interferenza non ci appare convincente, perché prefigura un diritto di veto non su interessi legittimi di Israele, ma sulla natura dello Stato di Palestina «per se». Ma, soprattutto, al contrario di quanto afferma l'attuale Ministro israeliano, noi riteniamo invece che il riconoscimento aiuterà a far avanzare il processo di pace.
E mi permetto di dire a coloro che ritengono di condizionare il riconoscimento dello Stato di Palestina alla ripresa dei negoziati, che la ripresa dei negoziati non è, lo sottolineo, non è nelle sole mani del Presidente Abbas, e quindi porre tale condizione è, come posso dire, quasi paradossale. Anche molti esponenti autorevoli della società civile israeliana, come quelli che hanno firmato un appello in questo senso, la pensano come noi e sono scrittori, diplomatici, uomini e donne di prestigio ed esponenti politici israeliani non minori.
A questo proposito mi permetto di invitare all'incontro che abbiamo organizzato, come gruppo PSI- PLI, mercoledì prossimo alle 12 nella sala del mappamondo, dove interverranno due esponenti israeliani e due esponenti palestinesi a parlare di questo tema. Mi avvio a concludere.
Chiudo dicendo che riconoscere una pari dignità tra le due parti negoziali è, a nostro avviso, precondizione oggi alla ripartenza del negoziato, perché sostiene il potere legale delGoverno palestinese legittimo e contribuisce a spingere entrambe le parti verso la strada del negoziato. È poi anche interesse dell'Italia, che deve avere un proprio punto di vista ed una propria agenda nel Mediterraneo.
Per queste ragioni, con la nostra mozione, sottoscritta anche da colleghi e colleghe di SEL, del PD, del Centro Democratico e del gruppo Misto, chiediamo al Governo di riconoscere in maniera completa e definitiva lo Stato di Palestina e di compiere tutti i passi necessari e possibili affinché la questione venga posta all'ordine del giorno in tutti i Paesi membri dell'Unione europea.
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