Ho un ricordo nettissimo di quel tragico fatto, era un sabato che concludeva la prima settimana della 49° sessione della Commission on the status of women delle Nazioni Unite, a New York, in delegazione della Internazionale Socialista Donne. All’odg era la valutazione di Pechino a dieci anni dalla conferenza: Pechino più dieci. Quest’anno, sarà la sessione di Pechino più venti.
Una sessione interessante, partecipata, quando ancora si lavorava dando ruolo importante alle ONG all’interno dell’ONU. La delegazione socialista tra le più numerose.
Giuliana Sgrena era stata rapita da Jihadisti una ventina di giorni prima dell’avvio della CSW e come ONG italiane pensammo di attivarci con una iniziativa per la sua liberazione. Lanciammo una raccolta di firme tra le donne dei più disparati Paesi del mondo, grandi, piccoli, piccolissimi, pensando, sperando che una pressione internazionale, da una sede prestigiosa come le Nazioni Unite, potesse impressionare i Jihaidisti e indurli a liberare Giuliana, con la quale avevamo condiviso un viaggio in Pakistan, a Peshawar per visitare i campi profughi afgani.
Raccogliemmo numerosissime firme in pochissimo tempo con l’obiettivo di consegnarle alle ambasciate dei paesi della regione mediorientale, quando fummo giustamente fermate da alcune donne irachene, come noi in rappresentanza di ONG: bisogna tenere un basso profilo, ci dissero; avremmo dato forza ai rapitori se avessimo fatto da cassa di risonanza alla loro azione nella sede prestigiosa delle Nazioni Unite.
Ci fermammo, avevano chiaramente ragione. Mentre noi eravamo generosamente naive, Nicola Calipari e altri professionisti come lui, funzionari esperti, stavano lavorando in modo professionale per la liberazione della giornalista del Manifesto. La liberarono il 4 aprile perché erano funzionari esperti, che conoscevano il proprio lavoro, portando a temine con successo una missione difficilissima. Ma Nicola Calipari non era solo un professionista competente, era anche uomo generoso. Protesse con il suo corpo Giuliana Sgrena dal “fuoco amico” ad un check point americano a poche centinaia di metri dall’aereo che li avrebbe portati a casa. Una vicenda che non è mai stata completamente chiarita e sulle quali rimangono ancora molte ombre.
Nicola Calipari: un funzionario eccellente, un uomo generoso. Troppo spesso sento usare e abusare della parola eroe. Gli eroi purtroppo non sono così frequenti. Nicola Calipari lo era. Grazie e onore a lui ed un abbraccio a Rosa, una donna, un’amica coraggiosa.
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