“Il danno economico quando si applicano delle sanzioni esiste sempre, ma esistono, delle ragioni di natura geo-politica che prevalgono su quelle di carattere economico: sappiamo bene che le sanzioni non sono uno strumento perfetto, ma è l’unico strumento di cui disponiamo”.
Lo ha detto Pia Locatelli, intervenendo alla Camera per la dichiarazione di voto sulle mozioni concernenti iniziative volte alla revoca delle sanzioni dell'Unione europea contro la Federazione russa e al raggiungimento di una soluzione politico-diplomatica della crisi ucraina.
“Le violazioni palesi del diritto internazionale non sono ammissibili e la Russia ne ha commesse di gravissime in Georgia con l'occupazione dell'Abcazia e dell'Ossezia del sud, le sta commettendo in Ucraina con l'annessione della Crimea e con il sostegno ai ribelli filorussi nel Dombas. Le sanzioni inflitte alla Russia hanno dunque buone motivazioni indipendentemente dall’effetto boomerang che ora ci colpisce”.
il mio intervento in aula
il mio intervento in aula
Grazie, Presidente. Vorrei, in primo luogo, rilevare la singolarità di votare oggi delle mozioni che chiedono la sospensione delle sanzioni contro la Russia, all'indomani della decisione dei Ministri degli esteri dell'Unione europea di approvarne il prolungamento al 31 gennaio 2016. È evidente che queste mozioni sono fuori tempo, farlo oggi può risultare un mero esercizio dialettico, che non avrà alcuna conseguenza, almeno per i prossimi sei mesi, sulle scelte del Governo.
Altro aspetto singolare è che, sulla scia di recenti articoli pubblicati sui maggiori quotidiani, qualcuno ha «scoperto» che le sanzioni hanno un costo e danneggiano le nostre imprese. Mi rifiuto di credere che forze politiche che hanno governato il nostro Paese per anni e colleghi che hanno una lunga esperienza politica non sapessero che le sanzioni europee imposte alla Russia avrebbero comportato un costo economico, ulteriormente aggravato dalle controsanzioni decise dal Cremlino.
La dimensione poi di questo danno è stata indicata dal Governo.
In questi casi, comunque, il danno economico esiste – sì, lo si sa preventivamente –, ma il costo che le sanzioni comportano non è un motivo sufficiente per non applicarle. Sappiamo bene che non sono uno strumento perfetto, ma sono l'unico di cui disponiamo. Esistono, infatti, ragioni di natura geopolitica che prevalgono su quelle di carattere economico e queste ragioni spesso, come nel caso dell'embargo delle merci del Sudafrica durante l’apartheid, hanno portato – chiaramente non sole – al risultato sperato e alla fine dell’apartheid.
Le violazioni palesi del diritto internazionale non sono ammissibili e, come ha ricordato il collega Alli nella discussione sulle linee generali, la Russia ne ha commesse di gravissime in Georgia con l'occupazione dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud e le sta commettendo in Ucraina con l'annessione della Crimea e con il sostegno diretto o indiretto ai ribelli filorussi del Donbass.
Le sanzioni inflitte alla Russia hanno, dunque, buone motivazioni, indipendentemente dall'effetto di ritorno che ora colpisce una parte delle nostre aziende. Questo, però, non deve farci perdere di vista la vera posta della partita geopolitica in atto, che vede come scenario un nuovo braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia, che ci ricorda i tempi della guerra fredda.
Lo segnalava l'altro giorno Francesco Venturini sul Corriere della Sera, evidenziando l’escalation militare che contrappone Mosca e Washington e che sarebbe riduttivo attribuire alla sola crisi ucraina.
In questo contesto difficile, l'Europa si trova stretta tra le richieste e le pressioni di un vicino scomodo e poco democratico, ma che pur sempre è un vicino, e la storica consolidata alleanza con gli Stati Uniti. Eppure questa posizione problematica può favorire un ruolo dell'Europa come forza artefice della mediazione politico-diplomatica nei confronti della Russia, al fine di spingere il Governo russo ad attuare appieno gli Accordi di Minsk. Apro una parentesi a proposito di Accordi di Minsk, di cui invochiamo il rispetto ma che, purtroppo, non rispettano, non menzionano – questi accordi – l'illegittima annessione della Crimea alla Russia, come ci ha ricordato proprio ieri in Commissione affari esteri il deputato ucraino Mustafa Dzhemilev della minoranza tartara in Crimea.
Allora si tratta di spingere il Governo russo a rispettare gli Accordi di Minsk, a esercitare la propria influenza sui separatisti, a ripristinare il pieno rispetto del diritto internazionale in Ucraina. Nello stesso tempo occorre sollecitare il Governo ucraino a realizzare le riforme istituzionali richieste da tali Accordi, compresa la previsione di uno status speciale alle aree russofone del Donbass.
In questo contesto – sto per concludere –, le nostre azioni devono essere un convinto sostegno alle politiche europee, come indica la mozione a prima firma del presidente della Commissione affari esteri, Cicchitto, e per il mantenimento delle sanzioni contro la Russia, fino a che non vi saranno sviluppi positivi verso il rispetto del diritto internazionale.
Per questo, la componente socialista voterà a favore della mozione della maggioranza, che ha sottoscritto, e contro le mozioni che chiedono la cancellazione o anche solo l'alleggerimento delle sanzioni
Altro aspetto singolare è che, sulla scia di recenti articoli pubblicati sui maggiori quotidiani, qualcuno ha «scoperto» che le sanzioni hanno un costo e danneggiano le nostre imprese. Mi rifiuto di credere che forze politiche che hanno governato il nostro Paese per anni e colleghi che hanno una lunga esperienza politica non sapessero che le sanzioni europee imposte alla Russia avrebbero comportato un costo economico, ulteriormente aggravato dalle controsanzioni decise dal Cremlino.
La dimensione poi di questo danno è stata indicata dal Governo.
In questi casi, comunque, il danno economico esiste – sì, lo si sa preventivamente –, ma il costo che le sanzioni comportano non è un motivo sufficiente per non applicarle. Sappiamo bene che non sono uno strumento perfetto, ma sono l'unico di cui disponiamo. Esistono, infatti, ragioni di natura geopolitica che prevalgono su quelle di carattere economico e queste ragioni spesso, come nel caso dell'embargo delle merci del Sudafrica durante l’apartheid, hanno portato – chiaramente non sole – al risultato sperato e alla fine dell’apartheid.
Le violazioni palesi del diritto internazionale non sono ammissibili e, come ha ricordato il collega Alli nella discussione sulle linee generali, la Russia ne ha commesse di gravissime in Georgia con l'occupazione dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud e le sta commettendo in Ucraina con l'annessione della Crimea e con il sostegno diretto o indiretto ai ribelli filorussi del Donbass.
Le sanzioni inflitte alla Russia hanno, dunque, buone motivazioni, indipendentemente dall'effetto di ritorno che ora colpisce una parte delle nostre aziende. Questo, però, non deve farci perdere di vista la vera posta della partita geopolitica in atto, che vede come scenario un nuovo braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia, che ci ricorda i tempi della guerra fredda.
Lo segnalava l'altro giorno Francesco Venturini sul Corriere della Sera, evidenziando l’escalation militare che contrappone Mosca e Washington e che sarebbe riduttivo attribuire alla sola crisi ucraina.
In questo contesto difficile, l'Europa si trova stretta tra le richieste e le pressioni di un vicino scomodo e poco democratico, ma che pur sempre è un vicino, e la storica consolidata alleanza con gli Stati Uniti. Eppure questa posizione problematica può favorire un ruolo dell'Europa come forza artefice della mediazione politico-diplomatica nei confronti della Russia, al fine di spingere il Governo russo ad attuare appieno gli Accordi di Minsk. Apro una parentesi a proposito di Accordi di Minsk, di cui invochiamo il rispetto ma che, purtroppo, non rispettano, non menzionano – questi accordi – l'illegittima annessione della Crimea alla Russia, come ci ha ricordato proprio ieri in Commissione affari esteri il deputato ucraino Mustafa Dzhemilev della minoranza tartara in Crimea.
Allora si tratta di spingere il Governo russo a rispettare gli Accordi di Minsk, a esercitare la propria influenza sui separatisti, a ripristinare il pieno rispetto del diritto internazionale in Ucraina. Nello stesso tempo occorre sollecitare il Governo ucraino a realizzare le riforme istituzionali richieste da tali Accordi, compresa la previsione di uno status speciale alle aree russofone del Donbass.
In questo contesto – sto per concludere –, le nostre azioni devono essere un convinto sostegno alle politiche europee, come indica la mozione a prima firma del presidente della Commissione affari esteri, Cicchitto, e per il mantenimento delle sanzioni contro la Russia, fino a che non vi saranno sviluppi positivi verso il rispetto del diritto internazionale.
Per questo, la componente socialista voterà a favore della mozione della maggioranza, che ha sottoscritto, e contro le mozioni che chiedono la cancellazione o anche solo l'alleggerimento delle sanzioni
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